Vi propongo una riflessione: spesso la casa ideale è sempre la casa dei sogni, quella del futuro, mai quella attuale. E se invece ci fosse un modo per progettare la casa di adesso affinché sia quella che risponde davvero alle nostre esigenze e desideri?

Sono sempre alla ricerca di programmi TV di qualità che parlino di architettura, interni e design. Sicuramente il mio preferito è Grand Design, una serie TV inglese condotta dal mitico Kevin McCloud – lo adoro! È davvero bravissimo a dare una lettura profonda e anche inaspettata ai progetti.

Grand Design è una serie storica della TV inglese, va avanti infatti da 25 anni! Ogni puntata dura circa un’ora e racconta la costruzione di una casa, dall’ideazione fino al progetto concluso. Ammiro sempre tantissimo il lavoro che c’è dietro la produzione di questo programma: seguono i lavori, interviste ai proprietari, architetti e professionisti in un arco di tempo che spesso copre vari anni visto che sono sempre progetti totali, partono spesso da un terreno sgombro o da costruzioni pre esistenti che però vengono totalmente abbattute o rimaneggiate.

Sul canale Youtube di Grand Design potete vedere anche alcune puntate complete delle serie passate.

Super interessante è come in ogni puntata si arriva a un punto critico, i lavori incontrano – mi sembra di capire ormai – inevitabilmente, un momento di crisi: budget, progetto, risorse, motivi personali, familiari, Covid… Nella maggior parte degli episodi la crisi viene risolta e il progetto viene portato a termine e la puntata finisce con splendidi home tour. Ma non tutte le storie hanno un lieto fine… Nelle ultime due seriesono state aggiunte delle puntate intitolate “Grand Design Revisited” cioè puntate in cui Kevin McCloud torna in case che erano rimaste incomplete e mostra come le storie si sono concluse.

Una puntata in particolare mi ha colpito, non tanto per il progetto in sé ma per la filosofia che racconta. Si tratta di una puntata addirittura del 2000 in cui si raccontava la conversione di due antichi fienili in una casa “spontanea”. Su Youtube potete vedere la puntata originale completa:

La particolarità di questa casa era proprio l’approccio dei proprietari: costruire senza progetto. Utopia? Follia? Partendo da una struttura in pietra molto antica il loro intento era usare materiali rispettosi dell’ambiente, sostenibili, locali, evitando il più possibile il cemento (spoiler, hanno dovuto accettare diversi compromessi). Tra l’altro molto interessante vedere come nel 2000 si parlasse di attenzione “eco” e ancora non con il termine “sostenibilità”.

L’approccio evoluzionistico e la meditazione come metodo di progettazione:

L’intento dei proprietari di casa era di “ascoltare” quello che la costruzione a mano a mano avesse voluto comunicare loro per capire in che direzione procedere, passo passo. Una sorta di approccio evoluzionistico. Qui interessante vedere quanto il processo fosse parte dell’esperienza della casa, da vivere con accettazione senza farsi travolgere dall’ansia (anche qui spoiler, non semplice da mettere in pratica).

Ma è stata una riflessione in particolare che mi ha colpita. Oltre alla costruzione architettonica anche gli interni hanno seguito un processo progettuale del tutto inusuale. I proprietari di casa si sono affidati infatti a una Spiritual Homemaker che li ha aiutati a sviluppare il layout degli interni partendo da un’auto-ascolto, analisi e attraverso la meditazione. Nell’episodio si vede una scena in cui meditano insieme, la spiritual homemaker li guida in una sorta di rivisione del passato, un passato in cui si sono sentiti bene, felici.

Non vi sto consigliando di meditare per progettare la vostra casa, ma qui a essere diverso è il punto di vista: oggi il processo creativo spesso parte da un’aspirazione ideale, un sogno che si manifesta con visual board, infinite cartelle pinterest, si aspira a un futuro che crediamo ci renderà felici, migliori.

Qui invece l’approccio è opposto, si parte da uno sguardo al passato, dal vissuto positivo e si cerca di traghettarlo nel futuro. La felicità non è riposta solo in cose, soluzioni e spazi di cui non abbiamo mai avuto esperienza e che speriamo ci rendano soddisfatti.

Un’intuizione splendida. Non fuggiamo da ciò che abbiamo per un futuro sconosciuto, ideale. Cerchiamo di capire cosa funziona già per noi, cosa ci piace, cosa ci fa stare bene, sono certa che anche nella casa più scomoda, poco funzionale, piccola e affollata che abitiamo, ci sia qualcosa che ci fa stare bene. Dobbiamo partire da qui, traghettarla poi nella casa del futuro, così facendo sapremo già che lì staremo bene, anzi meglio! Non rischieremo di aver progettato e realizzato una casa per un noi-ideale, ad abitarci infatti saremo proprio noi, in carne e ossa!

Cosa ne pensate? Si è accesa una scintilla anche per voi?

Foto Grand Design – Devon Revisited