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Il 15 aprile la cattedrale di Notre Dame a Parigi è stata colpita e gravemente danneggiata da un incendio.

Poteva essere una tragedia, la cattedrale avrebbe potuto collassare e andare interamente persa. Grazie al cielo invece è rimasta in piedi, ad andare perduti sono stati la guglia e il tetto ma la struttura principale è rimasta integra. Il Primo Ministro francese Edouard Philippe ha annunciato il concorso per scegliere lo studio di architettura che andrà a ricostruire le parti distrutte.

L’esigenza di ricostruzione rende attualissime le riflessioni su cosa significhi “ricostruire” e porta a considerare attentamente cosa significhi intervenire su un edificio storico di tale importanza simbolica e artistica.

Non si tratta solo di un bando a cui proporre il proprio progetto ma si tratta di riflettere e decidere se intervenire ri-facendo in stile – come avrebbe fatto Viollet-Le-Duc – oppure se rendere evidente l’intervento con rifacimenti moderni che sottolineino la “cicatrice” di Notre Dame. Questo tipo di intervento si fa esplicito, evidente, una aggiunta nel linguaggio contemporaneo ad un contesto storico tanto amato.

Difficilissimo decidere quale possa essere la strada migliore da percorrere. Notre Dame è un simbolo a cui tutti siamo affezionati e che tutti vorremmo rivedere com’era. Vorremmo che la cattedrale riprendesse il suo posto tra le vedute più belle e romantiche di Parigi e che tutto torni com’era. Ma nulla può tornare com’era… si tratterebbe di un rifacimento in stile, per chi non lo sapesse riconoscere sarebbe quasi un falso storico… Quest’ultima sarebbe sicuramente la strada che percorrerebbe Viollet-le-Duc.

Viollet-le-Duc è stato uno dei maggiori animatori del cosiddetto “restauro stilistico”, in opposizione all’intransigente fazione purista sostenuta dall’inglese John Ruskin, secondo cui ogni intervento posteriore o restauro doveva rimanere evidente e riconoscibile. Viollet-le-Duc invece sosteneva un tipo di intervento che seguisse le tecniche artistiche e architettoniche dell’epoca, con l’obiettivo di riportare l’edificio al suo stato ideale (quello che lui pensava fosse l’originale).

«Restaurare una costruzione, non è mantenerla, ripararla o rifarla, è ristabilirla in uno stato completo che può non essere mai esistito fino a quel momento» Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonnè d’architecture

Per questo Viollet-le-Duc è anche detto “l’uomo che reinventò il Medioevo”. Un esempio di suo intervento? Carcassonne. Dopo anni di ricchezza e fama tra il XIII e il XVI secolo, la cittadella cadde in rovina, tanto che nel 1849 il governo francese ne considerò la demolizione, per scegliere poi invece la via della ricostruzione con Viollet-le-Duc.

Anche Notre Dame è stata restaurata e rimaneggiata dallo spirito neo-gotico di Viollet-le-Duc. Un intervento massivo che ha toccato la facciata, i contrafforti, gli archi rampanti, i pinnacoli, le statue. Con lo scopo di riportare la cattedrale all’aspetto originale medioevale, sono stati eliminati gli interventi artistici e architettonici successivi. Ci furono anche delle aggiunte: affreschi nelle cappelle laterali, riedificazioni e… nel 1858-1859 venne ricostruita la flèche sulla crociera, proprio la guglia che è andata distrutta nel recente incendio.

A sinistra un dagherrotipo della facciata di Notre Dame prima del 1841, a destra 1916 circa, dopo i restauri di Viollet-le-Duc

Nell’incendio è andata persa quindi la guglia di Viollet-le-Duc, non una guglia originale medioevale. La struttura lignea del tetto, quella sì, era ancora originale.

Dall’altra parte intervenire con una ricostruzione contemporanea che si innesti sulla chiesa più famosa di Parigi – forse del mondo – farà gridare allo scandalo tutti i conservatori (li potete riconoscere facilmente con una semplice domanda: cosa ne pensi della piramide del Louvre?), tutti i Viollet-le-Duc del nostro tempo, quelli che preferiscono che il restauro non si veda.

Intanto studi d’architettura da tutto il mondo si stanno divertendo a proporre progetti visionari e anche fantasiosi (e da incubo):

Forse per un edificio simbolo come Notre Dame anch’io sarei più per un restauro conservativo ma sarei anche favorevole a un intervento moderno in punta di piedi. Niente di invasivo, nessuna costruzione che catturi l’attenzione, non deve diventare uno show-off, non si tratta di ricordare, per me questo tipo di ricostruzione non ha il valore di Ground Zero (dove per altro è l’assenza a divenire assordante).

Notre Dame è prima di tutto una chiesa, uno dei simboli della cristianità, e per questo va rispettata senza snaturarla. Meravigliosi i progetti che prevedono un tetto in vetro che vada a ospitare “sopra la navata” una passeggiata botanica, ma forse la guglia di alveari di api… anche no. Viva la biodiversità ma non nella guglia di Notre Dame.

Miysis Studio

Studio NAB

Nel progetto dello studio parigino Studio NAB la guglia ospiterebbe alveari di api…

Voi cosa ne pensate? Siete più per un restauro in stile oppure per un intervento moderno che si faccia notare?

P.S.: io amo la piramide del Louvre!

 

Foto di copertina Clem/Wikimedia Commons