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Siamo nella “Fase 2”. Finita la quarantena. Le aziende piano piano riaprono, il lavoro riprende. Cosa ci aspetta? Non si tornerà certo alla normalità che conosciamo.
Bisogna creare una nuova normalità. Il design può essere un grandissimo strumento per definire, pensare e ri-pensare spazi e movimenti.
Il Comune di Milano ha chiamato a raccolta progettisti, designer e architetti per ripensare la città. “Dai distanziatori alla segnaletica verticale e orizzontale per gestire gli accessi, passando per nuovi arredi e soluzioni innovative che ottimizzino lo spazio di dehors e il layout di botteghe, negozi, pubblici esercizi e mercati coperti garantendo il distanziamento, senza rinunciare alla convivialità” scrive su Facebook l’Assessore alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane del Comune di Milano Cristina Tajani.
Come torneremo al lavoro?
Vitra ha realizzato uno studio molto interessante “Getting ready for the new normal” un e-book scaricabile gratuitamente in PDF con riflessioni e suggerimenti per le aziende su come riorganizzare gli spazi ma anche idee e ispirazioni per il lavoro da casa.
Il Coronavirus ha cambiato il nostro modo di relazionarci e interagire: mascherine, disinfettanti, distanziamento sociale. Questo si riflette nella nostra vita privata ma anche, e forse ancora di più, in quella lavorativa. Ogni azienda dovrà adottare adeguate misure di sicurezza per evitare la diffusione del virus e garantire la salute dei suoi dipendenti.
Tra le modalità di protezione sicuramente il distanziamento sociale rimane la più efficace. Come fare? Lavoro da remoto e nuova distribuzione e organizzazione degli spazi.
Pensate a com’è cambiato il modo di viaggiare in aereo dopo l’11 settembre. Si pensa a controlli e percorsi di sicurezza come “prima” e “dopo” gli attacchi terroristici. Così sarà anche per “prima” e “dopo” Covid-19 per le relazioni sociali.
Lo scenario con cui probabilmente torneremo al lavoro dovrà prevedere precauzioni, distanziamento sociale e norme igieniche ferree. Il design sta cercando di immaginare una nuova “normalità”.
Dovremo abituarci a indossare mascherine, a controlli della temperatura, a lavarci spesso le mani e stare attenti a ogni possibilità di contagio? Per quanto tempo rituali come strette di mano, abbracci e saluti con i canonici 2/3 baci saranno da rimandare a tempi più sereni?
Come dovranno cambiare gli spazi e gli uffici nelle aziende e nei luoghi pubblici?
Ci saranno porte automatiche, ascensori vocali, verranno ripensate aree caffè e mense. Cambieranno anche i materiali di interni e arredi, verranno scelti quelli più funzionali e semplici da igienizzare, meglio materiali semplici da pulire, meno tessuti e più metallo, laminato, mdf, plastica, pelle (o eco pelle) e legno.
Negli uffici dovranno aumentare le distanze tra le postazioni di lavoro. Tutto verrà ripensato. Verranno inseriti schermi divisori tra le scrivanie – cercando di non creare uffici cubicoli come aveva immaginato satiricamente Jacques Tati in “PlayTime” nel 1967 -, aumentate le distanze. I grandi open space sovraffollati evidenziano le loro criticità. La metratura degli uffici non aumenterà, come fare quindi? Dare la possibilità di lavorare da casa?
Smart working: lavorare da casa funziona?
Tanti hanno sperimentato lo smart working, il lavoro da casa. Tanti magari lo chiedevano da tempo ad aziende un po’ restie. Ora c’è stata la prova generale, per alcuni ha funzionato benissimo, per altri meno, spesso dove la convivenza a casa è stata più complicata e dove si è resa evidente la necessità di avere uno spazio dedicato al lavoro senza distrazioni e interruzioni.
Lo smart working apre a un mercato del lavoro più diffuso. Se non devo andare quotidianamente in ufficio non ho bisogno di vivere vicino a dove lavoro. I tempi per gli spostamenti si trasformerebbero in extra tempo da investire in ciò che vogliamo con anche una grande riduzione di inquinamento. Un enorme punto a favore per i lavoratori ma anche la possibilità per le aziende di scegliere tra ancora più candidati.
Lavorare da casa però non è una scelta scontata. Se avete provato a farlo in questi giorni di coabitazione forzata avrete probabilmente sperimentato la necessità di avere uno spazio dedicato al lavoro (specie se avete congiunti rumorosi o minorenni).
Vita privata e lavorativa collideranno inevitabilmente, dobbiamo essere pronti e attrezzati a farle convivere rispettandosi.
Vitra nel suo e-paper indica 6 cose necessarie per il lavoro da casa:
- Una sedia ergonomica
- Una scrivania adeguata
- Una lampada da scrivania
- Connessione internet/WiFi
- Computer e software
- Cuffie anti rumore
Fin qui sembra tutto molto semplice.
Chi vuole tornare in ufficio?
Per alcuni il lavoro da casa è un sogno. Indiscutibilmente permette una flessibilità ineguagliabile. Bisogna sicuramente essere anche molto bravi a non farsi risucchiare dalle incombenze quotidiane. Non si fa partire la lavatrice, non si lavano i piatti anche se sono ancora nel lavandino da ieri sera, non si passa l’aspirapolvere anche se “ci metto solo un attimo”, non si sgranocchia in continuazione (questo si può fare anche in ufficio ma a casa viviamo ancora di più nella tentazione)… Lavorare da casa significa sviluppare un’ottima capacità di concentrazione.
Il lavoro da casa ha meravigliosi pro ma per me anche il lavoro in ufficio ne ha: primo tra tutti, se siete fortunati, i colleghi. Le chiacchiere, le battute, i caffè alla macchinetta, le pause pranzo… non c’è Zoom, Google Meet, Teams che possa sostituire questi momenti di condivisione!
E poi certamente c’è l’andare al lavoro – che per carità, ho fatto la pendolare per anni, odio anch’io tantissimo passare un’enormità di tempo sui mezzi pubblici – ma che ti fa vestire, truccare… uscire.
Lavorare da casa non è più semplice, bisogna essere molto ben organizzati. Si è sicuramente più flessibili ma bisogna essere disciplinati.
Voi siete tra quelli che hanno scalpitato durante la quarantena sognando persino di andare in ufficio oppure siete tra quelli con la “sindrome della capanna”?
Illustrazione Atelier CTJM per Vitra