Il design è riconosciuto come processo creativo e al pari delle opere d’arte può godere del diritto d’autore. I prodotti di design sono protetti dalla legge ma spesso però questo non è sufficiente a disincentivare le copie. Succede spesso che aziende e designer vedano i propri prodotti copiati e venduti come prodotti originali.
Poche settimane fa su Instagram mi sono imbattuta (e purtroppo continuo a farlo) in una serie di storie sponsorizzate di quest’azienda che spaccia per “design originale” delle spudorate copie dei tavolini Shimmer disegnati da Patricia Urquiola per Glas Italia. Sapete quanto ami questa collezione (ho avuto la fortuna di acquistare proprio un tavolino Shimmer durante una delle super svendite di Glas Italia, a questo proposito, state all’erta che ne riparleremo presto!), è stato davvero spiacevole vedere un prodotto spudoratamente copiato e venduto come originale.
Non è giusto, non è corretto. La copia è una mancanza totale di rispetto per il lavoro creativo e produttivo di altri, in questo caso di una delle eccellenze del design Made in Italy. Ho subito segnalato a Glas Italia le storie e ho voluto approfondire il tema.
Come ci si può tutelare dalle copie? Fortunatamente sì, vediamo insieme come.
Durante una chiacchierata telefonica con la dottoressa Alessandra Arosio, legale rappresentante di Glas Italia che sta seguendo la questione, ho scoperto che attualmente sono due le società con base inglese che stanno proponendo in maniera battente delle copie spudorate dei tavolini Shimmer. “La differenza fondamentale di questi prodotti rispetto agli originali è sicuramente la qualità. Si tratta quasi sempre di arredi in acrilico e non in vetro come i nostri”. Certamente perché un conto è copiare l’estetica, un altro è riuscire a replicare la tecnologia e ovviamente i costi di produzione. “La prima mossa da fare è sempre una lettera di diffida con la richiesta di rimuovere e distruggere tutte le copie. Chiediamo anche le informazioni sui pezzi venduti in modo da capire quante sono in circolazione. Al momento però non abbiamo ancora avuto nessuna reazione.” Il danno in questo caso è doppio perché non solo sono stati copiati dei prodotti, ma sono venduti accompagnati da foto originali di servizi fotografici di Glas Italia. Quindi un doppio danno che genera confusione nel consumatore. “Per fortuna non ci succede spesso di avere casi di plagio ma succede sempre con la serie Shimmer, forse perché sono tavolini molto d’effetto, di dimensioni contenute, con un design firmato (sono disegnati da Patricia Urquiola), hanno molto successo, specie in Asia, sono i nostri best seller”.
La cosa più difficile è monitorare per scoprire eventuali copie, bisogna stare sempre all’erta, un vero lavoro per aziende e designer. Possiamo però fare qualcosa anche noi: stare attenti e segnalare alle stesse aziende e designer se si riconoscono delle copie.
Come avrete intuito, il tema mi ha molto preso tanto che ho voluto approfondire rivolgendo qualche domanda a una professionista del settore: Francesca Retko, avvocata che su Instagram dal profilo @allamodalegalmente racconta curiosità sulla tutela di marchi, design, moda e diritto d’autore.
Francesca è cultrice della materia e docente di Design Management nel corso di laurea in Design dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, nel quale si occupa della gestione del design dal punto di vista giuridico insieme al Prof. Luciano Fratocchi, titolare del corso e che si occupa di gestione dell’innovazione design driven.
“Che vuol dire gestione del design dal punto di vista giuridico? Le lezioni hanno un taglio prevalentemente esemplificativo: lo scopo è quello di sensibilizzare gli studenti alla tutela preventiva e i temi che affrontiamo, peraltro, travalicano la tutela e la valorizzazione della pura creatività: l’attività di un* designer non si esaurisce nella creazione, ma è – al pari di qualsiasi attività – paragonabile a un’attività di impresa, anche se si lavora come freelance, per questo dedichiamo diverso tempo ad argomenti solo apparentemente distanti dal design, quali il marchio e gli accordi di riservatezza. Perché senza tutela non può esservi valorizzazione.”
Si può tutelare un oggetto o arredo di design?
R. Pongo una pretesa doverosa: lo strumento principale per tutelare l’aspetto esteriore o, per dirla in termini più adulatori, l’estetica di un prodotto, è il disegno.
Questo termine, ‘disegno’, può facilmente indurre in errore, perché generalmente il significato che gli attribuiamo non ha a che fare col diritto. Se parliamo di disegno in un contesto giuridico, ci stiamo riferendo ad un concetto specifico: quello della tutela dell’aspetto esteriore di un prodotto.
L’accezione di prodotto in termini giuridici è molto ampia: comprende sia quello industriale, sia quello artigianale e si estende fino a comprendere il packaging, le caratteristiche della struttura superficiale o un motivo decorativo del prodotto stesso. Ad esempio, anche la struttura superficiale di una mattonella di ceramica può essere tutelata con disegno. Per assicurarsi una tutela preventiva, il disegno va registrato: è necessario depositare una domanda presso l’Ufficio competente e pagare una tassa. In questo modo, all’esito dell’iter, si ottiene il diritto esclusivo di utilizzare quel determinato disegno e, di converso, anche il diritto di combattere le copie per un periodo iniziale di 5 anni. Va precisato, però, che il disegno, per poter essere validamente registrato e tutelato, deve integrare due requisiti: deve essere nuovo rispetto a tutti i disegni già resi pubblici e deve avere ‘carattere individuale’. Riassumo traducendo dal legalese: se agli occhi di un persona appassionata e che ha conoscenza approfondita del settore in questione (quello dell’arredamento, nel nostro caso), il disegno appare diverso da ogni altro disegno già pubblicato, allora possiamo affermare che il disegno possiede carattere individuale.
Cosa può fare un’azienda o un designer per difendersi dalle copie?
Quando un prodotto viene copiato, le azioni da esperire per tutelarsi possono essere diverse e dipendono da come e se l’azienda ha proceduto a tutelare preventivamente le proprie creazioni. Se ha registrato il disegno di quel prodotto e viene a conoscenza della commercializzazione di una copia, può avviare un’azione legale di contraffazione del suo disegno. Se non ha registrato il disegno, permane una chance: se la copia viene scoperta entro 3 anni dal giorno in cui l’azienda ha reso pubblico il disegno, può tutelarsi sul territorio dell’Unione Europea con l’istituto del disegno non registrato. Anche in questo caso, il disegno, per poter essere tutelato con successo deve essere nuovo ed avere carattere individuale.
Ci si potrebbe domandare, alla luce di quest’opportunità offerta dalla normativa UE, quale sia il vantaggio di registrare, un’attività che, d’altronde, richiede un investimento. La tutela conferita dal disegno registrato (DR) è più ampia, in primis dal punto di vista temporale, se si considera che i 5 anni di tutela possono essere estesi fino ad un massimo di 25 anni; diversamente, la tutela del disegno non registrato (DNR) termina dopo 3 anni dalla prima divulgazione. La minore intensità di tutela si rispecchia, ancora, nella sua differente ampiezza. Con il DR si possono censurare tutti i tipi di copie, anche quelle involontarie: potrebbe capitare, nella realtà, che due aziende pervengano alla creazione di un risultato estetico pressoché identico in maniera indipendente.
Con il DNR (Disegno Non Registrato), invece, sono perseguibili solamente le copie intenzionali. Chi invoca a propria difesa un DNR, avrà l’onere di dimostrare anche che il contraffattore ha agito copiando consapevolmente.
E se l’azienda o il designer non hanno registrato il disegno e sono spirati già i 3 anni dalla divulgazione?
Un ulteriore rimedio è approntato dalla disciplina sulla concorrenza sleale: il concorrente “copione” potrebbe essere perseguito per imitazione servile del prodotto.
Cosa succede all’azienda che ha fatto la copia? Come finiscono solitamente queste controversie?
L’esito può essere differente per molteplici ragioni. Possiamo solamente ipotizzare degli scenari.
Se la vicenda è stata portata di fronte a un tribunale e viene dimostrato che il prodotto in questione è stato copiato illegittimamente, il giudice potrebbe ordinare al contraffattore (il soggetto che ha copiato) di cessare la produzione e la commercializzazione delle copie e, se ne ricorrono i presupposti, condannarlo anche a risarcire un eventuale danno. Come accennavo sopra, il titolo in base al quale un soggetto agisce può richiedere prove differenti e, soprattutto, più gravose: se il disegno non è stato registrato, l’azienda che ritiene il suo diritto violato dovrà anche portare concreta prova dell’intenzione di chi commercializza la copia.
Lasciami aggiungere, però, che nel campo della proprietà intellettuale, non è raro che la controversia venga risolta con un accordo stragiudiziale, che può assumere i contorni più variegati.
Come ci si può tutelare in via preventiva? È sufficiente registrare il disegno?
Benché possa apparire molto semplice depositare une domanda di registrazione di disegno, vi sono taluni presupposti da valutare scrupolosamente prima del deposito. Tali verifiche non sono obbligatorie, ma se non vengono svolte potrebbe risultarne pregiudicata, di fatto, la tutela.
Cosa bisognerebbe verificare? Innanzitutto, sarebbe opportuno verificare che il disegno sia nuovo secondo i criteri giuridici. Quest’operazione, che in gergo è detta ricerca di anteriorità, deve essere delegata ad un professionista ed è un piccolo lungimirante investimento iniziale, che ha scopo di evitare pregiudizi futuri alla vita del disegno. Mi spiego meglio: quando si deposita una domanda di registrazione, l’ufficio competente non verifica autonomamente ed automaticamente se il disegno è originale e, pertanto, ottenere una registrazione non equivale necessariamente a poter confidare su un diritto valido.
Alle realtà meno strutturate, posso suggerire di valutare di concentrare l’investimento e limitare la tutela preventiva, in ottica di razionalizzazione delle risorse economiche, ai prodotti che hanno tutte le carte in regola per diventare iconici. Sia la normativa italiana, sia quella dell’Unione Europea prevedono che la domanda di registrazione possa essere depositata entro 12 mesi dalla prima divulgazione del disegno o dell’oggetto che lo incorpora. Ad esempio, se un’azienda pubblica per la prima volta il disegno immettendo il prodotto sul mercato il giorno X, da quel momento inizierà a decorrere quel termine, detto ‘di grazia’, durante il quale l’azienda stessa è in grado di comprendere se vale la pena registrare oppure no.
I colossi dell’arredamento stanno agendo, già da tempo, anche in un’altra direzione: cercano di contrastare la contraffazione facendo leva sulla sensibilizzazione del pubblico di acquirenti ed appassionati, adottando sistemi che permettano di verificare, ad esempio, l’originalità di un prodotto, come il passaporto elettronico del mobile. Anche l’ avvento della blockchain permetterà di rafforzare i sistemi anticontraffazione, auspicando che il suo utilizzo possa rivolgersi ad ogni livello del settore arredamento e design.
Se registro una poltrona in Italia e viene copiata in Cina? Sono tutelata ugualmente?
Il territorio è uno degli elementi centrali di una registrazione: la tutela è conferita solamente nel territorio in cui si è provveduto a registrare (fatta salva la tutela apprestata negli Stati Membri UE dal DNR). Per tale ragione, è strategicamente rilevante prevedere di depositare la registrazione in tutti i Paesi in cui si è commercialmente attivi.
Il design è tutelato al pari dell’arte? Quando il design diventa opera d’arte?
Gli oggetti di industrial design possono, a certe condizioni, accedere alla stessa tutela delle opere d’arte, quella del diritto d’autore. Se con il disegno viene tutelato l’aspetto esteriore del prodotto, con il diritto d’autore si vuole proteggere e valorizzare il carattere creativo, quale espressione della personalità dell’autrice o autore.
Gli oggetti di industrial design nascono per essere riprodotti in serie. Per questo non sono tutelati sin dalla loro creazione come opere dell’ingegno, ma possono potenzialmente accedere a tale tutela col tempo e se acquisiscono, secondo la legge italiana sul diritto d’autore, il c.d. valore artistico. Un oggetto di industrial design può acquisire valore artistico grazie al riconoscimento ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali sulla sussistenza delle sua qualità estetiche ed artistiche: può essere, ad esempio, riconosciuto come espressione di un’epoca, di una corrente culturale, anche dalla critica di settore, oppure se è stato o è attualmente esposto in musei di primaria importanza, se sono stati attribuiti dei premi. Ulteriore indice che mette in luce l’acquisito valore artistico può essere rinvenuto nella circostanza che l’opera del design sia commercializzata nel mercato artistico e non in quello puramente commerciale, oppure che in quest’ultimo mercato abbia acquistato un valore particolarmente elevato.
Come puoi immaginare, la dimostrazione dell’acquisizione di tale valore artistico non è di semplice portata. Sarebbe auspicabile che la normativa italiana rivedesse i requisiti richiesti per la tutela autorale delle opere di industrial design e “abbassasse” la soglia per accedervi: in proposito, è in essere un vivace dibattito scaturito da una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, staremo a vedere!
Ultimo appunto degno di nota: il vantaggio di poter confidare anche nella tutela come opera dell’ingegno risiede nel maggior tempo di protezione accordato. Un oggetto che viene riconosciuto quale opera dell’ingegno potrà godere di tutela sino a 70 anni dopo la morte dell’autrice o autore, a fronte del termine massimo di 25 anni previsto per il disegno registrato.
Ci racconti del caso della Panton Chair o della chaise longue di Le Corbusier?
Le due creazioni che citi sono esempi calzanti utili per spiegare, nella pratica, in quali termini venga valutato il valore artistico in relazione al disegno industriale. Entrambe sono state riconosciute da sentenze di Tribunali italiani quali opere di design. Secondo il Tribunale di Milano, alla Panton Chair risulta “attribuita in maniera unanime una capacità rappresentativa delle tendenze artistiche del movimento costitutivo del settore dell’industrial design del dopoguerra”, ove il designer “ricompone in un oggetto materiale aspetti della propria cultura ed espressività innovativa in sintonia con i movimenti culturali propri di un particolare momento storico della società” (sentenza n. 9917/2012). L’opera, peraltro, è da tempo parte di molteplici collezioni permanenti di musei di settore, quali il MAD di New York, il Pompidou di Parigi, il Design Museum di Londra.
Quanto alla chaise longue di Le Corbusier, lo stesso Tribunale di Milano l’ha riconosciuta come “una delle espressioni più rilevanti delle concezioni progettuali del design, il cui interesse e valore estetico rimane tuttora intatto a distanza di decenni dalla sua creazione a conferma della specifica capacità rappresentativa di un gusto artistico, che vale a differenziare tale prodotto dalla congerie delle produzioni di design di effimera ed ordinaria concezione” (sentenza n. 2311/2014). Sai che anche il letto Nathalie, disegnato da Vico Magistretti per Flou, è stato riconosciuto quale opera di design?
Se vi siete appassionati del tema e volete scoprire di più, seguite Francesca che su Instagram vi introdurrà nel mondo della tutela nel campo del design e della moda con spiegazioni semplici e per tutti!
Qui invece trovate altri casi famosi di oggetti di design che sono stati tutelati dal diritto d’autore come i doposci Moon Boots e della Lampada Arco e di quella volta che Semeraro ha dovuto risarcire Flos per 40 milioni di euro!!